venerdì 19 aprile 2013

L'inaffondabile mercato dell'intrattenimento informatico





THQ, Atari ed un’altra ventina di case di sviluppo di videogames hanno chiuso i battenti nell’ultimo anno. Il colosso EA negli ultimi 2 anni ha subito perdite per oltre 700 milioni di Dollari, non contenta di questo straordinario risultato EA si è aggiudicata per il secondo anno consecutivo il titolo di peggiore azienda d'America. Eppure si parla dell’industria del videogioco come un mercato in costante espansione.
Qualcosa non torna.
Se volete una esauriente spiegazione armatevi di pazienza, affilate il vostro inglese e leggetevi questo lunghissimo ed esauriente articolo di Emily Rogers.
Se non avete pazienza e non avete familiarità con la lingua di Kate e Pippa  Middleton sappiate che il sunto del discorso è che sviluppare videogiochi costa troppo, e quando dico troppo si parte da un investimento minimo di 15 milioni di Dollari sino ad arrivare ad i 200 milioni di dollari dell’ultimo Call of Duty.
È chiaro che il mercato ha perso la bussola.

Il tutto assomiglia sinistramente alla gestione delle squadre di calcio italiane in cui le uscite sono nettamente più alte delle pur sempre notevoli entrate, è chiaro che in questa maniera si fa poca strada.
Sono finiti i tempi in cui un pinco pallino qualunque di nome Gimpsy chiuso per 2 mesi nella sua stanza dove svetta il poster di Tron, con il suo buon PC se ne esce un gioco da commercializzare. Di questi tempi il pinco pallino Gimpsy potrebbe dedicarsi alla creazione di qualche inutile app o qualche piccolo gioco per smartphone o Tablet, ma non è la stessa cosa, ed anche quel mercato sta diventando piuttosto complesso.
La sconfinata potenza delle attuali console e PC moderni ha creato splendidi mostri: giochi simili a colossal Hollywoodiani con grandi sequenze emotive, infinite mappe di gioco o scene adrenaliniche, come ad esempio in Metal Gear Solid, GTA, o Uncharted. I freddi numeri però dicono che tutto ciò è insostenibile per il mercato.
In media per sviluppare  un gioco si spende dai 20 ad i 30 milioni di Dollari, un gioco dal costo minimo di 15 milioni di Dollari solo per andare in pari dovrebbe vendere 500.000 copie a prezzo pieno, non parliamo poi di un gioco come Star Wars: The Old Republic con le sue 800 persone impiegate nel progetto, dei suoi 6 anni di lavorazione e soprattutto dei 200 milioni di dollari di costo.
È un mondo difficile.

Come eravamo                                                                           Come siamo ora
Il pinco pallino Gimpsy è un puntino insignificante (altrimenti non sarebbe un pinco pallino ) e le grandi compagnie sono dei giganti con delle gambe d’argilla pronte a crollare da un momento all’altro.
Cosa fare a questo punto?

Il crollo psichico del programmatore Kunito Komori dovuto
allo stress accomulato sul lavoro si palesa attraverso il
suo guardaroba
La cosa sconcertante è che non lo sanno nemmeno gli sviluppatori che dichiarano di aspettare con ansia le console next-gen. Manager evidentemente presi dal panico o, peggio, totalmente incapaci di capire cosa dire o fare.
Non sono le già ottime vendite dei giochi il problema, i costi sono la vera piaga del settore che con le nuove macchine lieviteranno ulteriormente.
Va comunque detto che fermare lo sviluppo degli hardware diretti all’intrattenimento ludico è impossibile visto le presunte possibilità di guadagno che vedono le aziende come Sony e Microsoft tra tutte, inoltre  il grande  numero di lavoratori del settore si troverebbero senza lavoro. Non è nemmeno corretto fermare lo sviluppo delle console perché  c’è sempre da considerare  la possibilità che il progresso tecnologico porti alla realizzazione di qualcosa che cambi in maniera positiva il problema del costo di sviluppo dei giochi.
Nuovi prodotti studiati, che ancora non sappiamo se saranno  una fregatura o delle ottime innovazioni (come il leap 3D e la nuova realtà virtuale o qualsiasi altro marchingegno sarà inventato), che effetto avranno sul mercato? L’impressione è che degli aggeggi del genere, per quanto siano il sogno di ogni utente, alzeranno ulteriormente i costi e quindi poco aiuteranno. Cercare di risolvere tutto con queste soluzioni sarebbe come  cercare di spegnere il fuoco gettandoci legna sopra.
Viene inoltre da chiedersi chi, nei prossimi mesi, con la crisi economica lontana dal risolversi vorrà spendere oltre 400/500 euro  per una macchina il cui utilizzo è solo giocare e spendere ulteriori 60/70 Euro a gioco?
Sorge il dubbio che Nintendo con Wii e WiiU dal punto di vista commerciale abbiamo avuto l’occhio più lungo di tutti avendo dei costi di produzione medi più bassi per i propri giochi, circa 5/10 milioni di Dollari.
Ma le vendite di WiiU al momento sono al di sotto delle aspettative di vendita e le voci che girano secondo le quali la Nintendo pare stia valutando l’ipotesi di uscire dal mercato della produzione degli hardware e dedicarsi solo allo sviluppo dei giochi fa sorgere qualche dubbio anche sulla reale bontà della strategia Nintendo adottata sino ad ora.
La domanda è d’obbligo, come evolverà il mercato negli anni futuri?
Entrando nel campo delle ipotesi potremmo  trovarci dinanzi ad una involuzione tecnica del prodotto, ma il videogame non morirà mai, e questa è una certezza e non una ipotesi. Magari il videogioco non assomiglierà più al cinema come sta facendo oggi e si reinventerà avendo un’anima più sua, forte di nuove idee e nuovi concetti.
Fare ipotesi soprattutto in un mercato in continua mutazione per sua stessa natura come quello della tecnologia è impresa ardua. C’è chi prevede la scomparsa in tempi brevi delle grandi case di sviluppo e con esse il disimpegno dal mondo dei videogiochi di Sony e Microsoft, il tutto a favore delle piccole società indie.
Nessuno sa cosa succederà, l’unica certezza che abbiamo è che per quanto possa mutare tale mercato non morirà, essendo il videogioco non un moda passeggera per ragazzini come si pensava nei primi anni 80', ma un prodotto radicato nella società e cultura moderna la cui fruizione si è andata sempre più allargando e sempre più si espanderà.




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